I nostri libri

Se son donne fioriranno
In un mondo in cui spesso – troppo spesso – le donne non hanno voce, la casa editrice Diadema ha deciso di rac-cogliere alcune di queste voci e farle diventare voci univer-sali, che parlano per chi non può, che raccontano il dolore di alcuni silenzi e lo strazio di alcune urla, ma anche infinite forme d’amore. Le donne che popolano i racconti di questa raccolta, con o senza una coscienza strettamente politica o culturale, pensano, lottano, (anche contro se stesse), cambiano e vivo-no. Lo stesso percorso fanno le autrici di queste storie – donne anch’esse – che scrivono descrivendo tanti universi femminili e dando vita a una straordinaria collezione di sen-timenti variegati e, spesso, distanti tra loro. Ognuna di queste donne – protagoniste inconsapevoli dei racconti – dispone di una forza nascosta che, al momento opportuno, si palesa come un dono, come un ricco corredo emotivo lasciato in pegno dalla vita per bilanciare le dure prove alle quali, essa stessa, sapeva già di sottoporre il genere femminile. Una forza che contrasta, ma si compensa, con i dubbi, i tormenti, le indecisioni e lo scoramento di queste donne che, alla fine, inevitabilmente, sbocciano. È questo il senso del titolo, è questo il senso dell’immagine di copertina – realizzata da Elisabetta Paris – è questo il senso del fem-minismo vero, scevro da stilemi, dettami e costrutti di qual-sivoglia corrente. È fisiologico, è reale, è inevitabile: Se son donne… fioriranno!
Niente sarà come prima
Quello scelto da Tiziana poteva essere un terreno scivoloso, quando le relazioni personali e familiari sono il centro della narrazione, a cui si aggiunge il corso inesorabile della storia, di eventi troppo più grandi e, perciò, condizionanti come in questo caso il Covid, il rischio di scivolare nel già letto è piuttosto alto. Il racconto di Tiziana, invece, non è per nulla scontato o banale. Da esperta lettrice, prima di tutto, ha saputo evitare le trappole dei personaggi piatti, la protagonista addirittura sembra avere almeno due caratteristiche distinte: il “bene” e il “male”, come del resto ci sono dentro ognuno di noi, ma a differenza di quanto normalmente accade, Carla non ha ancora scelto, deve “crescere”. Le tante citazioni presenti nel testo non appesantiscono e non mostrano una volontà di “saccenteria”, come troppe volte invece accade. L’approfondimento della personalità di Carla, il suo cammino, il suo approdo tra le mani di Rita è intrigante, come la scrittura precisa, ordinata, ricercata che non disdegna anche la frase ad effetto, come ogni scrittore dovrebbe fare, ma senza esagerare, senza concedersi all’ampolloso, all’eccesso di retorica. È una scrittura flessuosa e seria, che sa tenere legati alle pagine, la base di una storia ben raccontata.
La scelta di Destino
Un romanzo complesso quello di Brunello Castellani, che inizia la mattina del 3 febbraio 1944, quando Destino parte dall’Appennino umbro per andare a combattere per la Repubblica di Salò. Al ritorno incontra un monaco che lo avvia alla conoscenza e lo aiuta a superare la colpa che si porta dentro. Per riscattarsi sceglie di seguire le tracce di due gruppi di deportati presi la mattina della sua partenza. Sono i Triangoli rossi dell’Appennino, nati nelle stesse terre e catturati dai nazifascisti a 1200 chilometri di distanza. Alcuni nei paesi della montagna di Foligno, altri in fondo alla miniera di Montrouge, in Francia, dove sono emigrati. Finiscono, quasi tutti, nei campi di concentramento dove gli scienziati di Hitler preparano le armi segrete per ribaltare le sorti del conflitto. Lavorano in condizioni di schiavitù e pochi tornano a casa. Mentre l’Italia rifiuta di fare i conti con le proprie responsabilità, Destino attraversa la notte del Novecento e pratica la cura della memoria contro l’oblio e i nuovi volti dell’odio. Fino all’ultimo viaggio a Gualdo Tadino dove assiste al ritorno a casa di una giovane donna, diventata importante nel Paese dove il nonno Tommaso, minatore ucciso dal lager, è emigrato quasi un secolo prima. Un’opera ambiziosa, sensibile, di estrema perizia storica e narrativa, dove l’autore unisce una ricostruzione rigorosa degli avvenimenti realmente accaduti, alla finzione funzionale del romanzo, alle impressioni e considerazioni sulle vicende italiane a partire dalla fine Seconda Guerra Mondiale in poi.
Una piccola casa e un grande spazio
Il libro racconta un’Italia colpevolmente dimenticata. L’Italia dei subalterni, dei poveri, degli sfruttati, degli emigranti appunto. L’Italia del paternalismo cattolico, dell’iniquità elevata a regola universale e non scritta, del forsennato classismo annidato in certa élite, della mezzadria che affamava da una parte e ingrassava indecorosamente dall’altra, dell’ignoranza, che è la grande, insidiosa risorsa del potere. Ma anche l’Italia del riscatto, dell’uscita dallo stato di minorità, dell’articolo 3 della Costituzione, dello studio, della conoscenza, della ragione contrapposta all’irrazionalità sapientemente veicolata a favore dei pochi. «A che serve studiare la storia o la poesia di Dante, se poi farò il barista o l’operaio?», chiede uno studente a Roberta in classe, come lei stessa racconta. «A non essere uno schiavo», replica lei. E la sua risposta è più efficace di molte, inutili pagine di chiacchiere del vuoto “pedagogese”. Al barista, alla cassiera, al manovale, all’operaio, all’emigrato di seconda generazione, la Storia si rivolge a loro. Lo diceva Don Milani, uno dei pochissimi grandi, autentici maestri di questo Paese distratto. Questo libro ci mette sull’avviso: ci intima a scuoterci da questo ottundimento egoista della coscienza, a restituirci l’un altro un po’ di umanità. Perché, come l’autrice scrive in un passaggio molto bello, c’è molto più nel dare che nel ricevere. Che è una cosa che dicevano i nostri vecchi, quelli che la fame l’avevano patita.
Il soffio della tempesta
I versi di Isabella Acciari si mostrano asciutti, immediati, sono nel solco della tradizione stilistica della poesia del secondo Novecento italiano, ma nei contenuti assolutamente attuali, contemporanei. Se è vero che tutto prende le mosse da una visione personale e intima, è pur vero che la vastità degli argomenti trattati apre le porte alle innumerevoli sfaccettature della natura umana. L’ambiente circostante parla, la natura è protagonista e allo stesso tempo necessario specchio che riflette dei dilemmi dell’uomo. Una vena d’inquieta malinconia attraversa tutta la sua opera, ma più forte è il desiderio di trovare l’armonia, anche quando “Il soffio della tempesta” imperversa, ed “Il mare”, muove le sue onde impetuose, “Fuggente ed eterno, / instancabile, /sempre, risorge”.
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